La parola “emergenza” riecheggia da anni nelle cronache nazionali (e non). Le pratiche giornalistiche tendono comunemente a inglobare ogni notizia in un macro-tono apprensivo, allarmistico; ciò avviene perché questo tipo di intonazione – a quanto pare – risulta più efficace nel tentativo di coinvolgere il lettore.
La parola "clandestino"
Il migrante irregolare è colui il quale:
“a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera;
b)
è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto
turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un
cosiddetto ‘overstayer’); o
c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione
a seguito di un provvedimento di allontanamento”[1].
L’appartenente a questa categoria viene spesso – e
impropriamente, a detta dell’Associazione Carta di Roma e dell’UNHCR – bollato
con il termine di “clandestino”:
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