La Carta di Roma: uno strumento

A volte si ha l'impressione che tutto sia lecito, nell'ambito del linguaggio giornalistico. 

Sembra cioè che qualsiasi termine, qualsiasi metafora e qualsiasi correlazione siano giustificabili, purché attraggano il lettore e stimolino la sua curiosità. Soprattutto sul web, oggi è possibile assistere a una continua gara a chi "spinge" di più: una costante ricerca dell'espressione più forte, più catchy, più urlata. 

Ciò nonostante, il sistema informativo ha comunque delle responsabilità, soprattutto quando si occupa delle minoranze. Il modo in cui le racconta, le parole che usa, i temi che seleziona, tutto ciò contribuisce a modellare l'opinione comune. 

Per questi motivi, dopo l'istituzione dell'albo professionale nel 1963, il giornalismo italiano ha approvato numerosi strumenti di autodisciplina. Tra questi, oggi mi vorrei soffermare sulla Carta di Roma

Una premessa

A un certo punto, ho semplicemente smesso di leggere i giornali. Isolarsi è stato più semplice di quello che pensavo, perché nessuno attorno a me parlava più di niente. Altre volte, tutt'al più, ascoltavo frammenti di discorsi che non capivo. Qualcuno rideva per una frase letta su Twitter. Poi ci sono state le elezioni. Era marzo, e io già non c’ero più.